sabato 20 febbraio 2010

Antiaccademia

1. Copia di Cena in Emmaus - Caravaggio (particolari), 2005, grafite, pastello.

2. Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, Cena in Emmaus, 1601, olio su tela, 141x196,2 cm, Londra, National Gallery.


Come poté un ragazzo lombardo, apprendista pittore, arrivato a Roma all’età di circa diciotto anni, costruirsi, crescere, straripare dalle zone basse di piazza Navona, oltre il Tevere, oltralpe, oltre il suo secolo e i secoli successivi, arrivare fino a noi quale uno dei più alti moniti (forse il più stabile e compatto), imporsi quale bandiera del moderno alle scelte più disperate, alle fazioni più contrastanti? Come è possibile che ancora oggi, dopo Kandinsky o Mondrian, il passante più casuale, o patito di Pollock o di Rauschenberg, o il più condiscendente elettore dell’arte ludica, entri in San Luigi dei Francescani e senta riaprirsi in petto una piaga che credeva chiusa per sempre?

Sono domande senza risposta, o la cui sola risposta possibile (da molti tenuta in dispregio) è che la verità di una grande passione creativa si misura dalla sua durata, dalla sua capacità di riproporsi come fonte d’acqua viva alle ideologie, alle nuove convinzioni, ai nuovi gusti: mostrare una faccia nuova, mai vista prima.

(dalla Presentazione di Renato Guttuso - I Classici dell’Arte, Caravaggio)

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